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Si stima che solo 2 persone su 10 che hanno ottenuto una significativa perdita di peso tramite una restrizione dietetica (dieta) siano in grado di mantenere il peso raggiunto nel tempo.

Il mantenimento del peso è infatti ad oggi ancora uno dei principali problemi irrisolti nel campo della nutrizione e della dietetica clinica.

Ad esempio, prendiamo in esame il famoso programma americano “The Biggest Loser”. La media del peso perso dei 14 partecipanti durante le 30 settimane (circa 8 mesi) era di 58 kg, ma a distanza di 6 anni i partecipanti hanno riacquistato in media il 70% del peso perso (41kg).

La mancanza del successo nel mantenimento del peso perso è per molti individui identificabile in due cause. Alcune di natura comportamentale (difficoltà ad adottare uno stile di vita sano), ed altre cognitivo-emotive (il ruolo delle emozioni e le convinzioni errate sull’alimentazione).

La grande disponibilità di cibi economici e/o altamente appetibili (palatabili), in accoppiata con un ambiente di vita che richiede poco sforzo fisico per lo svolgimento dei compiti quotidiani (comfort, mezzi di trasporto) può generare resistenze nel cambiamento dello stile di vita.

 

In che modo la perdita di peso agisce sulla fame e sul senso di sazietà?

La perdita di peso indotta da una restrizione dietetica, ha un impatto sull’appetito alterando alcuni fattori neurali periferici che comunicano al cervello uno stato di deprivazione nutritiva. In poche parole, questi cambiamenti causerebbero un incremento della fame ed in particolare un “craving”, una bramosia di cibi ad alto contenuto calorico e a basso livello di sazietà.

Questo spiega anche come mai, successivamente ad una ristretta nutrizione (o dieta rigida), le persone hanno spesso la tendenza a riassumere quegli alimenti “proibiti” in modo ancora più incontrollato. Ciò contribuirebbe a riacquisire velocemente il peso perso.

 

Perché è difficile mantenere il peso?

La maggior parte dei trattamenti per la perdita di peso crea un enorme stress nelle persone. Infatti, seguire delle regole rigide su cosa mangiare o evitare, ed un piano di attività fisica poco sostenibile nel tempo, costituiscono motivo di abbandono del trattamento.

La psicologia inoltre gioca un ruolo fondamentale, non solo in quei soggetti che trovano difficoltà nel mantenere il peso perché affetti da problematiche alimentari ben specifiche (come il disturbo da alimentazione incontrollata). Anche chi continua a seguire strategie disfunzionali può trarne giovamento.

Probabilmente si verifica anche una risposta fisiologica dell’organismo. In risposta al peso perso infatti, la deprivazione di energia e nutrienti incrementerebbe la fame e diminuirebbe il dispendio energetico, con il risultato di desiderare un maggiore apporto calorico. Tali risposte fisiologiche in individui che vivono in un ambiente obesiogeno, possono contribuire a ristabilire il bilancio energetico positivo ed un aumento ponderale. Tale condizione può portare a tornare al peso prima della perdita.

 

Cosa dovrebbe prevedere un piano funzionale di mantenimento del peso?

Un programma ottimale per un corretto mantenimento a lungo termine del peso, dovrebbe seguire una fase iniziale di perdita di peso, caratterizzata sia da interventi sullo stile alimentare che interventi per il cambiamento dello stile di vita.
Nella fase di mantenimento dunque, il soggetto dovrebbe seguire uno stile alimentare e un programma di attività fisica sostenibili nel lungo termine. Un programma di attività fisica strutturato, è un fondamentale strumento utile nella gestione del peso nelle fasi di perdita e di mantenimento.

La perdita di peso dovuta ad una restrizione dietetica (diete) e/o ad un eccessivo svolgimento di attività fisica, essendo  attività effettivamente poco sostenibili per un lungo periodo , è destinata a fallire. Ciò permetterebbe  già nel corso del primo anno una riacquisizione del 40% del peso perso. Inoltre, l’esclusione totale degli alimenti porterebbe ad una iperfocalizzazione sugli stessi, che verrebbero quindi reintrodotti in maniera disfunzionale.

Proprio nella fase di mantenimento, la psicologia e le tecniche cognitivo-comportamentali strutturate, si sono dimostrate efficaci nel massimizzare i benefici sul benessere psico-fisico e sullo stile di vita.

 

Bibliografia

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