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Disturbi alimentari come uscirne – I disturbi alimentari sono per loro natura quasi sempre “casi complessi” in quanto nella maggior parte dei casi ci sono tanti altri problemi clinici.

Basti pensare al fatto che una persona con un basso peso (BMI sotto 19) può avere una condizione fisica molto compromessa. Allo stesso modo, una persona con un peso elevato (BMI sopra 30) e con condotte di abbuffate, potrebbe avere problemi legati all’aumento del colesterolo, dei trigliceridi o della glicemia, condizioni che aumentano il rischio.

Ad oggi numerosi studi hanno documentato come la CBT-E, terapia cognitivo comportamentale migliorata per i Disturbi Alimentari, sia molto utile sia negli adolescenti che negli adulti. Inoltre, tale trattamento, a prescindere dal disturbo alimentare, lavora molto bene sul nucleo psicopatologico specifico, contribuendo dunque alla cura del disturbo.

Sicuramente per uscire da un disturbo alimentari bisogna per prima cosa riconoscere di avere un problema, oppure avere una persona cara che ci consiglia di intraprendere un trattamento. Successivamente è opportuno fare una valutazione iniziale per capire sia la gravità del disturbo, sia eventuali altre patologie in comorbilità come disturbi d’ansia o dell’umore. In questo contesto è fondamentale indagare inoltre i fattori collaterali come il basso peso, il sovrappeso o squilibri elettrolitici e altri parametri importanti.

Dopo aver valutato la situazione è opportuno iniziare il trattamento.

In questo caso, alcune persone posso avere più difficoltà di altre a sentirsi ingaggiate nel trattamento; un esempio sono le persone che hanno un disturbo da anoressia nervosa nella fase iniziale dove il basso peso è in discesa cronica e la persona sente che sta avendo il controllo della situazione. Allo stesso tempo però questa persona ha bisogno di uscire dal disturbo e si trova quindi in una sorta di limbo di trattamento.

Questo caso specifico è sperimentato da quelle persone che interpretano alcuni segnali come rinforzanti: ad esempio, la dieta ferrea viene vista come la soluzione alla perdita di peso e ad una buona forza di volontà, oppure il basso peso viene vissuto come una conquista.

Purtroppo però le conseguenze psicologiche e interpersonali sono devastanti per le persone che vivono un disturbo alimentare. Il tono dell’umore è spesso basso e l’ansia assume una caratteristica peculiare. Molte volte anche i tratti ossessivi possono contribuire a peggiorare il quadro.

Una condizione comune nelle persone con disturbi alimentari è il perfezionismo clinico: si tende a porsi standard molto elevati, soprattutto nel controllo dell’alimentazione.

Queste ed altre condizioni sono molto importanti nel trattamento perché se non affrontate, possono compromettere l’esito e la cura.

Il protocollo CBT-E, essendo un trattamento psicologico completo e basato sulla teoria transdiagnostica, è valido per tutte le forma di disturbo alimentare. Lavorando sui meccanismi specifici del disturbo mira a focalizzarsi esclusivamente sulla problematica evitando “deviazioni terapeutiche” molto comuni in altre forme di terapia.

I dati di letteratura degli ultimi anni, oltre a confermare un ottimo tasso di guarigione (in alcune persone la probabilità di guarigione è anche dell’80%) ha confermato come questo trattamento sia utile anche nella prevenzione delle ricadute.

Disturbi alimentari come uscirne – Sicuramente la comprensione dei fattori che contribuiscono allo sviluppo di un disturbo alimentare sono ancora in fase di studio ma, per quanto riguarda i meccanismi che mantengono il disturbo, abbiamo un valido trattamento.

 

Bibliografia

Dalle Grave, R. Terapia Cognitivo Comportamentale Migliorata (CBT-EA) e Trattamento Basato sulla Famiglia (FBT) per gli adolescenti con disturbi dell’alimentazione: quali sono le differenze?.

Dalle Grave, R., Sartirana, M., & Calugi, S. La gestione dei casi complessi nei disturbi dell’alimentazione. Verona: Positive Press, 2019.

Fairburn, C. G., Cooper, Z., & Shafran, R. (2003). Cognitive behaviour therapy for eating disorders: A “transdiagnostic” theory and treatment. Behaviour research and therapy41(5), 509-528.

 

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