Secondo il DMS 5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, APA 2013) tali disturbi sono caratterizzati da comportamenti relativi all’alimentazione, che hanno come risultato un alterato consumo o assorbimento di cibo, compromettendo la salute fisica ed il funzionamento psicosociale della persona. Ricordiamo che i disturbi alimentari più conosciuti sono l’Anoressia Nervosa, la Bulimia Nervosa ed il Binge Eating Disorder, ma sono presenti tante altre varianti come l’Anoressia Atipica, la sindrome da alimentazione notturna o l’Arfid, per cui è importante sapere che non necessariamente bisogna rientrare in una categoria comunemente più conosciuta per poter soffrire di un disturbo alimentare.
Un disturbo alimentare, non condiziona solo la vita di chi ne soffre, ma anche inevitabilmente delle persone che le sono vicine, come familiari, amici o partner. Queste persone dunque possono svolgere un ruolo importante nel percorso di guarigione della persona che soffre del disturbo alimentare se conoscono a fondo la malattia ed il relativo trattamento.
La visione di un disturbo alimentare, qualsiasi esso sia, come una malattia ci spinge a considerarlo in modo totalmente diverso rispetto a come viene generalmente considerato un problema psicologico: questo anche a causa di una visione meno aggiornata di alcuni professionisti della salute, come medici o psicologi. I DCA infatti sono patologie psichiatriche che necessitano di un trattamento specifico, validato scientificamente e che si basi su una teoria di riferimento robusta così come tutte le altre patologie mediche e psichiatriche.
La teoria di riferimento per i disturbi alimentari è chiamata teoria Transdiagnostica, e suggerisce che i disturbi alimentari dovrebbero essere considerati in modo più opportuno come una singola categoria diagnostica piuttosto che come disturbi separati. Questo sia perché le varie forme di disturbo alimentare condividono la maggior parte delle caratteristiche di comportamenti e preoccupazioni per il peso, la forma del corpo e l’alimentazione; sia perché è molto comune che i DCA possano migrare da una forma all’altra nel corso del tempo. A seguito di tale teoria, è stato progettato un trattamento chiamato CBT-E (terapia cognitivo comportamentale migliorata per i disturbi alimentari).
Il primo passo dunque per poter aiutare una persona con disturbi alimentari, è quello di informarsi sulle caratteristiche psicologiche e comportamentali di questi disturbi.
- L’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo, dell’alimentazione e del loro controllo: la persona inizia ad autovalutarsi e a basare la propria autostima principalmente in base al proprio peso, alla propria forma del corpo e al controllo che sente di avere sull’alimentazione. Queste componenti diventano centrali nella vita della persona, che perde l’interesse verso gli altri ambiti della sua vita (scuola, lavoro, relazioni, sport, ecc.) e investe le sue energie per raggiungere determinati standard. In alcune persone, soprattutto nelle prima fasi del disturbo, è possibile che sia presente esclusivamente l’eccessiva valutazione del controllo dell’alimentazione.
- Paura di ingrassare: tale paura non viene attenuata dalla perdita di peso, ma al contrario la perdita di peso viene vissuta come un traguardo e una realizzazione che spinge a fare di più, a non sentirsi mai abbastanza in controllo. Se noti che un tuo familiare si pesa più volte al giorno ed esprime una costante insoddisfazione per il proprio peso o forma del corpo, potrebbe avere un disturbo alimentare.
- Dieta ferrea: l’estrema paura di ingrassare o la forte spinta a perdere peso, porta la persona a intraprendere una dieta ferrea, caratterizzata da regole rigide, esclusione di molti alimenti, lettura ossessiva delle etichette, pesare il cibo più volte, chiedere rassicurazioni sulla quantità di cibo o di condimenti, pianificare le calorie da assumere. Se noti queste caratteristiche in un tuo familiare, seppur non ancora in sottopeso, potrebbe essere che stia soffrendo di un DCA.
- Abbuffata: alcune persone con DCA, anche se sottopeso, possono avere episodi di abbuffata, caratterizzati dall’assunzione di una grande quantità di cibo con conseguente sensazione di perdita di controllo. Generalmente queste abbuffate si verificano nel contesto di una restrizione dietetica estrema e rigida, ma possono avvenire anche esclusivamente per una restrizione dietetica cognitiva (i tentativi di mangiare meno secondo regole rigide). Se un tuo familiare ha delle oscillazioni di peso di 2 o più chili nell’arco di una settimana, o noti sparizioni di cibo dalle credenze o dal frigorifero, potrebbe sperimentare queste abbuffate.
- Comportamenti di compenso: i due comportamenti di compenso maggiormente utilizzati dalle persone con DCA sono il vomito autoindotto e l’uso improprio di lassativi e diuretici. Oltre a non essere efficaci nell’eliminazione delle calorie ingerite, questi comportamenti sono molto dannosi per la salute fisica e psicologica della persona, e fungono da fattore di mantenimento del disturbo. Così come le abbuffate, questi comportamenti generalmente vengono messi in atto di nascosto, quando la persona si trova da sola in casa e sono infatti gli ultimi ad essere notati dai familiari. Se un tuo familiare presenta delle escoriazioni sul dorso delle mani, si reca spesso in bagno dopo mangiato, o riporta molte problematiche dentali o gastrointestinali, potrebbe utilizzare questi comportamenti.
- Sottopeso e sintomi da malnutrizione: spesso non considerata, la sola condizione di sottopeso genera una sindrome da malnutrizione associata a cambiamenti comportamentali specifici. Molte rigidità e ossessioni dei disturbi alimentari nei soggetti con sottopeso, sono dovute esclusivamente a tale sindrome piuttosto che al disturbo alimentare stesso. Se un tuo familiare ha una condizione di sottopeso (IMC < 19) è importante che riacquisti il peso il prima possibile per far regredire tale sindrome.
Il secondo passo per capire come aiutare una persona con disturbi alimentari, è quello di conoscere la relativa terapia. A tal proposito ti invitiamo a leggere questo articolo in cui spieghiamo come funziona ed è strutturata la terapia CBT-E .
È importante inoltre, non assumere un atteggiamento giudicante nei confronti della persona che soffre di questi disturbi, mostrandosi sempre pronti per aiutarla ad uscirne. Anche se ciò può essere difficile da comprendere, la persona con un DCA non vuole semplicemente “attirare l’attenzione” o è una “persona superficiale”, ma si trova incastrata in uno schema disfunzionale che non le permette di condurre una vita sana e funzionale.
Avvicina la persona a queste tematiche con tatto e aiutala ad informarsi in modo scientifico da fonti attendibili.
Bibliografia
Dalle Grave, R. (2020). Come vincere i disturbi dell’alimentazione: un programma basato sulla terapia cognitivo comportamentale. Positive Press.
Sivyer, K., Allen, E., Cooper, Z., Bailey‐Straebler, S., O’Connor, M. E., Fairburn, C. G., & Murphy, R. (2020). Mediators of change in cognitive behavior therapy and interpersonal psychotherapy for eating disorders: A secondary analysis of a transdiagnostic randomized controlled trial. International Journal of Eating Disorders, 53(12), 1928-1940.