Dipendenza da cibo (Food addiction): la controversa questione della dipendenza da cibo
Con il termine food addiction (dipendenza da cibo) si intende una condizione che porta alcuni individui biologicamente vulnerabili, all’assunzione incontrollata di certi alimenti, tipicamente zuccheri e grassi. Il termine “biologicamente vulnerabile” implicherebbe dunque una condizione irreversibile, cronica, in cui l’individuo non potrebbe far altro che accettare passivamente il problema.
La rivista Forbes nel 2013 pubblica un articolo dal titolo “Studi mostrano come l’eroina e la cocaina creino meno dipendenza degli Oreo”. Sempre Forbes, nel 2016, pubblica un articolo dal titolo “Studi mostrano come alcuni cibi possono creare dipendenza tanto quanto la cocaina e l’eroina”.
L’opinione pubblica, fortemente influenzata anche dai mass media, concorda nell’esistenza della dipendenza da cibo, soprattutto verso alimenti ricchi di zuccheri e grassi. Quando in una ricerca è stato chiesto alla popolazione se ritiene che la dipendenza da alcuni alimenti sia la causa dell’obesità, il 79% ha risposto di SI. Allo stesso modo, quando è stato chiesto se alcuni cibi possono creare dipendenza tanto quanto l’alcol, la nicotina e la cocaina, l’80% ha risposto SI.
L’opinione pubblica sembra quindi avere una posizione chiara al riguardo. Ma cosa ci dice la ricerca scientifica?
Ad oggi non ci sono sufficienti prove, con studi su essere umani, per affermare l’esistenza di una dipendenza da cibo paragonabile a quella da sostanze.
Alcuni cibi mostrano un’elevata appetibilità (palatability), data da una combinazione di agenti additivi che non aumentano i valori nutrizionali ma solo la gradevolezza. Zuccheri raffinati, grassi e sale, spesso in combinazione, sono comunemente associati con un consumo eccessivo. Questo però non sarebbe determinato da una condizione neurobiologica di dipendenza, bensì da un’abitudine del gusto quotidiana. E’ difficile infatti distinguere i comportamenti che possono essere qualificati come sintomi di dipendenza da cibo da quei comportamenti perseguiti perché piacevoli o legati alla cultura.
In altri termini, seguendo un approccio biopsicologico, i complessi processi sottostanti al consumo eccessivo di cibo e all’obesità possono essere interpretati come normali adattamenti biologici a stili di vita, modellati da potenti pressioni dell’ambiente obesiogeno moderno. Queste spiegazioni biopsicologiche per l’eccesso consumo di cibo e l’aumento di peso nella popolazione, molto diverse dai titoli sensazionali sulla dipendenza da cibo, potrebbero essere meno attraenti agli occhi dei mass media.
Dal punto di vista clinico è utile parlare di dipendenza da cibo?
Oltre alle attuali scarse prove scientifiche a favore dell’esistenza di una dipendenza da cibo, non risulta effettivamente utile parlare di dipendenza da un punto di vista clinico. La comunità scientifica si è infatti interrogata sull’utilità che questa accezione può avere nell’implementazione della terapia e della cura delle patologie correlate all’alimentazione e al peso.
Il rischio che si corre è quello di definire qualsiasi comportamento ripetitivo e abitudinario (per esempio come un comportamento comune in una determinata cultura) come un comportamento patologico dovuto da una dipendenza (addiction).
A prescindere dalle ipotesi avanzate circa la dipendenza da cibo, un obiettivo determinante è sicuramente quello di costruire interventi preventivi volti alla creazione di un ambiente che permetta ad ogni individuo di adottare uno stile di vita attivo ed un’alimentazione sana.
Bibliografia:
Gearhardt, A. N., Grilo, C. M., DiLeone, R. J., Brownell, K. D., & Potenza, M. N. (2011). Can food be addictive? Public health and policy implications. Addiction, 106(7), 1208-1212.